Anche se può sembrare riduttivo, la parola “lutto”, nel suo significato più profondo (dal latino luctus = pianto), rimanda alla sofferenza derivante dalla perdita di una persona significativa per la propria vita sia essa data da separazione o da morte. Non si può perdere qualcuno che si ama senza divenire vulnerabili e provare dolore; è comunque una ferita e come tale deve essere curata in un processo di cicatrizzazione che richiede tempo e fatica; se questo non avviene il dolore si cronicizza o resta irrisolto.
Il processo di lutto è lento, progressivo, come scrive Freud in “Lutto e Melanconia”, un vero e proprio lavoro con fasi alterne, che permette di disinvestire il passato per ritornare alla realtà attuale. Secondo la teoria freudiana, la perdita di una persona amata comporta un disinvestimento di energia libidica nei confronti dell'altro con la conseguente e necessaria ricanalizzazione di tale energia. Per semplificare, la perdita restituisce a chi resta un fardello carico di emozioni che ci si trova costretti a gestire e reinvestire in maniera costruttiva. Come nella costruzione di una casa, il processo di investimento sull'altro è lento e graduale, la relazione si arricchisce quotidianamente, mentre la perdita è immediata e violenta; il crollo ci restituisce una mole di macerie che siamo costretti a raccogliere ed è proprio per questa ragione che è così difficile incanalare l'ondata emotiva in maniera sana, ridando forma alla polvere.
Il processo di lutto può essere paragonato a quello della potatura di un albero che lo libera dai rami morti per dargli nuova linfa e forza di germogliare. Apparentemente l’albero è spogliato ed impoverito ma è proprio la perdita di parti di sé danneggiate, che permette la nuova fioritura.
Dopo Freud, gli autori che si sono occupati dell'argomento, hanno definito alcune fasi che è necessario attraversare al fine di rielaborare correttamente una perdita. Per sintetizzare prenderemo in esame i cinque momenti salienti condivisi più o meno da tutti:
- Negazione. Si tratta di un meccanismo di difesa che ci permette di attenuare l’intensa fase iniziale del dolore, ma deve scomparire entro pochi giorni.
- Rabbia. Quando gli effetti mascheranti della negazione della realtà cominciano a svanire, riappare il dolore. Si tratta di un dolore violento e destabilizzante che probabilmente non si è ancora in grado di gestire. Il modo più immediato per esternare una carica emotiva troppo intensa è appunto la rabbia che può essere orientata verso sé stessi, verso la persona persa o verso il destino.
- Auto recriminazioni. Si incomincia poi una fase in cui si auto recrimina su azioni che si sarebbero potute compiere per evitare o ritardare il lutto.
- Depressione. La fase depressiva è probabilmente quella che occupa più tempo nell'intero processo di elaborazione, ha caratteristiche analoghe a quelle del disturbo depressivo, ma la durata della sintomatologia consente la diagnosi differenziale.
- Accettazione. Dopo la fase di depressione, i sintomi depressivi regrediscono e la persona tenta di tornare alla normalità.
Ciò che distingue il dolore normale, così come delineato sopra, da quello anormale, è l’intensità e la durata delle reazioni lungo il tempo. Come abbiamo visto, la rabbia, così come la depressione, sono fasi che fanno parte del processo di elaborazione, ma se si rimane bloccati ad una di esse, l'evoluzione viene interrotta o cristallizzata, per l'impossibilità sostanziale di accettare il significato emotivo della perdita relazionale. In tal caso, quello che è il disagio o il dolore emotivo che accompagna normalmente ogni lutto, può ampliarsi fino ad assumere forme psicopatologiche.
La natura ha provvisto le persone di meccanismi di difesa che permettono di gestire l’angoscia, di affrontare situazioni difficili e controllare le reazioni emotive. Un uso appropriato di questi meccanismi è utile ed efficace, ma se eccessivo, il processo di risoluzione viene ostacolato e solo il progressivo distacco da questi, porterà all’esame di realtà e alla completa elaborazione della perdita che equivale alla possibilità vitale di spostare la libido su nuovi oggetti.
Il processo di rimozione, ad esempio, può essere adattivo nelle prime fasi del lutto, ma se diventa un ostacolo insuperabile e l'accettazione della perdita viene procrastinata all'infinito, il dolore tenderà a cronicizzarsi in una sorta di ruminazione continua che non lascia spazio ad altro.
La cosa più importante da tener presente per reagire ad un lutto in modo sano è prendere coscienza del fatto che una parte di noi sta soffrendo e che si tratta di una sofferenza motivata. Poco importa l'attribuzione di responsabilità, quel che conta è che qualcosa si è rotto, qualcosa su cui si era investito in termini di energia, fiducia e futuro ed è normale provare dolore. E' necessario pertanto rispettare ed accudire questo dolore fino a quando non si sarà attenuato.