Da
un punto di vista etimologico, il termine gelosia proviene dal latino
“zelus” e significa zelo, cura scrupolosa. Il sentimento di
gelosia può essere considerato naturale e normale quando è
consapevole ed esprime la comprensibile vulnerabilità che ognuno ha,
quando ama, all’idea di poter perdere la persona amata.
Quando
la gelosia arriva in un rapporto può fare il suo lavoro buono: mette
in crisi gli amanti, spezza l'illusione dell'eternità e della
fiducia illimitata, costringe a ridare le carte in nuovo incontro e
in un nuovo riconoscimento dell'altro e della relazione, purché
rimanga nei canoni di una funzionalità costruttiva.
Non
esiste in realtà una unità di misura che possa dirci se la gelosia
che proviamo sia normale, l'unica discriminante che possiamo
identificare è l'influenza che essa esercita sulla nostra vita: nel
momento in cui diventa un pensiero continuo ed è in grado di imporci
cambiamenti nelle abitudini di vita come una costante in ogni
relazione, essa diventa patologica.
Uno
dei primi studiosi della gelosia è stato Freud che ha individuato
tre diverse tipologie di gelosia (1922,
Alcuni meccanismi nevrotici nella gelosia, paranoia e omosessualità):
1)
Gelosia competitiva o normale: comporta una parte di lutto
causata dal vissuto reale o immaginario di aver perduto la persona
amata, sentimenti ostili verso il rivale e un atteggiamento
autocritico volto ad attribuire a sé stessi la responsabilità
della perdita affettiva.
2)
Gelosia proiettata: deriva dalla propria infedeltà concreta o da
impulsi in tal senso che soffrirono la rimozione. In altre parole chi
prova più o meno inconsciamente tentazioni di tradimento le proietta
sul partner convinto che l'altro non sia stato in grado di resistere.
3)
Gelosia delirante: per Freud è la conseguenza di una forma di
omosessualità latente che preme per manifestarsi. Come tentativo di
difesa contro un impulso omosessuale troppo forte essa può essere
descritta mediante la formula: “Non sono io che lo desidero, ma
Lei”.
Nella
nosografia psichiatrica esiste tuttavia una classificazione della
gelosia delirante che esula dal concetto freudiano di omosessualità.
Nel DSM IV (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali),
il delirio di gelosia è considerato uno dei sottotipi del Disturbo
Delirante e si applica quando il tema centrale del delirio è la
convinzione che il proprio partner sia infedele; convinzione
che non si basa su un motivo accertato, ma su deduzioni non corrette,
supportate da piccoli indizi interpretati come prove evidenti, allo
scopo di giustificare il delirio. Di solito, il soggetto con il
delirio di gelosia è costantemente alla ricerca di prove ed indizi a
dimostrazione del tradimento, ma anche qualora queste non
diventassero realtà oggettive, l'intervento del delirio può portare
a casi estremi come l'attacco fisico e il cosiddetto “delitto
passionale”, di cui la gelosia sembra essere la causa più
frequente.
Come
non esiste una netta linea di confine capace di isolare la gelosia
patologica, non esiste a tutt'oggi una teoria universalmente
accettata capace di spiegarne l'origine.
Secondo
Freud è normale essere gelosi. Questa emozione ha le sue radici
nell'infanzia quando i bambini provano il bisogno di essere amati e
di essere l'unico oggetto d'amore dei genitori; così nasce la
gelosia nei confronti di fratelli e sorelle e poi la gelosia edipica
nei confronti del genitore dello stesso sesso. Sempre secondo le
teorie freudiane, dal modo in cui questi primi moti verranno gestiti
dipenderà poi la capacità adulta di manifestare una sana ed
equilibrata gelosia.
Attualmente
le teorie psicologiche al riguardo hanno intrapreso diverse strade
azzardando spiegazioni più semplici che vanno dalla mancanza di
fiducia in sé stessi alla paura di perdere la propria identità.
Quest'ultima, a mio avviso interessante teoria, ritiene possa
trattarsi di una sorta di “angoscia di fusione” dove il
geloso ha paura di perdere la propria identità nella coppia e cerca
dunque una terza persona per rassicurarsi; in quest'ottica la gelosia
gli permette di conservare la propria autonomia e di esistere come
individuo indipendente.
Il
paradosso, che in qualche modo conferma questa teoria, è dato
dall'evidenza che numerosi gelosi scelgono, più o meno
inconsciamente, partner capaci di esasperare tale sentimento.
Un
discorso a parte merita la gelosia retroattiva altrimenti
detta “Sindrome di Rebecca”. Che deve il suo nome ad un famoso
film di Alfred Hitchcock1
e si rivolge al passato sentimentale del proprio partner.
Anche
in questo caso vale lo stesso discorso fatto per la gelosia: ci sono
spesso condizioni oggettive che rendono il sentimento normale, la
questione si complica quando la leggera sofferenza provocata dal
confronto con l'altra/altro diventa una vera e propria ossessione
tale da rendere impossibile la prosecuzione del rapporto. La
gelosia retroattiva rivela spesso un senso di inadeguatezza
e
di bassa
autostima in
chi la prova, immaginando continui confronti con gli “ex” del
partner e soffrendo come se queste immagini fossero reali.
Tuttavia,
in condizioni normali, può anche capitare che l'esperienza
precedente porti con sé elementi non adeguatamente superati od
elaborati per cui, più o meno inconsciamente, l'immagine dell'ex
resta presente nella quotidianità diventando un fantasma che fa
ombra alla coppia, mettendo in atto una sorta di rapporto a tre che
inevitabilmente logora ogni tipo di relazione.
Per
questa ragione è fondamentale, nella costruzione di ogni nuovo
rapporto, mettere
in comune il proprio passato sentimentale: un passaggio obbligato per
affrontare un percorso comune che metta al centro la nuova coppia.
1Rebecca,
la prima moglie (1940)