mercoledì 29 agosto 2012

LA GELOSIA


Da un punto di vista etimologico, il termine gelosia proviene dal latino “zelus” e significa zelo, cura scrupolosa. Il sentimento di gelosia può essere considerato naturale e normale quando è consapevole ed esprime la comprensibile vulnerabilità che ognuno ha, quando ama, all’idea di poter perdere la persona amata.
Quando la gelosia arriva in un rapporto può fare il suo lavoro buono: mette in crisi gli amanti, spezza l'illusione dell'eternità e della fiducia illimitata, costringe a ridare le carte in nuovo incontro e in un nuovo riconoscimento dell'altro e della relazione, purché rimanga nei canoni di una funzionalità costruttiva.
Non esiste in realtà una unità di misura che possa dirci se la gelosia che proviamo sia normale, l'unica discriminante che possiamo identificare è l'influenza che essa esercita sulla nostra vita: nel momento in cui diventa un pensiero continuo ed è in grado di imporci cambiamenti nelle abitudini di vita come una costante in ogni relazione, essa diventa patologica.

Uno dei primi studiosi della gelosia è stato Freud che ha individuato tre diverse tipologie di gelosia (1922, Alcuni meccanismi nevrotici nella gelosia, paranoia e omosessualità):
1) Gelosia competitiva o normale: comporta una parte di lutto causata dal vissuto reale o immaginario di aver perduto la persona amata, sentimenti ostili verso il rivale e un atteggiamento autocritico volto ad attribuire a sé stessi la responsabilità della perdita affettiva.
2) Gelosia proiettata: deriva dalla propria infedeltà concreta o da impulsi in tal senso che soffrirono la rimozione. In altre parole chi prova più o meno inconsciamente tentazioni di tradimento le proietta sul partner convinto che l'altro non sia stato in grado di resistere.
3) Gelosia delirante: per Freud è la conseguenza di una forma di omosessualità latente che preme per manifestarsi. Come tentativo di difesa contro un impulso omosessuale troppo forte essa può essere descritta mediante la formula: “Non sono io che lo desidero, ma Lei”.

Nella nosografia psichiatrica esiste tuttavia una classificazione della gelosia delirante che esula dal concetto freudiano di omosessualità. Nel DSM IV (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali), il delirio di gelosia è considerato uno dei sottotipi del Disturbo Delirante e si applica quando il tema centrale del delirio è la convinzione che il proprio partner sia infedele; convinzione che non si basa su un motivo accertato, ma su deduzioni non corrette, supportate da piccoli indizi interpretati come prove evidenti, allo scopo di giustificare il delirio. Di solito, il soggetto con il delirio di gelosia è costantemente alla ricerca di prove ed indizi a dimostrazione del tradimento, ma anche qualora queste non diventassero realtà oggettive, l'intervento del delirio può portare a casi estremi come l'attacco fisico e il cosiddetto “delitto passionale”, di cui la gelosia sembra essere la causa più frequente.

Come non esiste una netta linea di confine capace di isolare la gelosia patologica, non esiste a tutt'oggi una teoria universalmente accettata capace di spiegarne l'origine.
Secondo Freud è normale essere gelosi. Questa emozione ha le sue radici nell'infanzia quando i bambini provano il bisogno di essere amati e di essere l'unico oggetto d'amore dei genitori; così nasce la gelosia nei confronti di fratelli e sorelle e poi la gelosia edipica nei confronti del genitore dello stesso sesso. Sempre secondo le teorie freudiane, dal modo in cui questi primi moti verranno gestiti dipenderà poi la capacità adulta di manifestare una sana ed equilibrata gelosia.
Attualmente le teorie psicologiche al riguardo hanno intrapreso diverse strade azzardando spiegazioni più semplici che vanno dalla mancanza di fiducia in sé stessi alla paura di perdere la propria identità. Quest'ultima, a mio avviso interessante teoria, ritiene possa trattarsi di una sorta di “angoscia di fusione” dove il geloso ha paura di perdere la propria identità nella coppia e cerca dunque una terza persona per rassicurarsi; in quest'ottica la gelosia gli permette di conservare la propria autonomia e di esistere come individuo indipendente.
Il paradosso, che in qualche modo conferma questa teoria, è dato dall'evidenza che numerosi gelosi scelgono, più o meno inconsciamente, partner capaci di esasperare tale sentimento.

Un discorso a parte merita la gelosia retroattiva altrimenti detta “Sindrome di Rebecca”. Che deve il suo nome ad un famoso film di Alfred Hitchcock1 e si rivolge al passato sentimentale del proprio partner.
Anche in questo caso vale lo stesso discorso fatto per la gelosia: ci sono spesso condizioni oggettive che rendono il sentimento normale, la questione si complica quando la leggera sofferenza provocata dal confronto con l'altra/altro diventa una vera e propria ossessione tale da rendere impossibile la prosecuzione del rapporto. La gelosia retroattiva rivela spesso un senso di inadeguatezza e di bassa autostima in chi la prova, immaginando continui confronti con gli “ex” del partner e soffrendo come se queste immagini fossero reali.
Tuttavia, in condizioni normali, può anche capitare che l'esperienza precedente porti con sé elementi non adeguatamente superati od elaborati per cui, più o meno inconsciamente, l'immagine dell'ex resta presente nella quotidianità diventando un fantasma che fa ombra alla coppia, mettendo in atto una sorta di rapporto a tre che inevitabilmente logora ogni tipo di relazione.
Per questa ragione è fondamentale, nella costruzione di ogni nuovo rapporto, mettere in comune il proprio passato sentimentale: un passaggio obbligato per affrontare un percorso comune che metta al centro la nuova coppia.

1Rebecca, la prima moglie (1940)

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